• Kodak Autographic n°3: tra Belle Époque e Grande Guerra

Kodak Autographic N°3 (1914)

Il mercato antiquario offre di certo apparecchi fotografici più antichi, più rari e – in una parola – più importanti della Kodak Autographic n°3.

Tuttavia, specialmente per un collezionista d’accatto come chi scrive, si creano motivi di soggezione nel disquisire di questa splendida (e per i suoi tempi innovativa) macchina, tanto più che, come d’uso in questi post di cultura fotografica, ci si riferisce all’ambito storico nel quale è nata. E qui stiamo parlando di un arco temporale di ben quattro anni racchiusi in uno.

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L’apparecchio, nel complesso, è nato nel 1914, però monta un obiettivo Rapid Rectilinear Bausch & Lomb creato nel 1913 e meccanizzato con un sistema di cuscinetti a sfera brevettati nel 1910: il 18 gennaio, per l’esattezza, come si legge chiaramente sul frontale.

Curiosamente, sembrerebbe che il 18 gennaio di quell’anno, nel mondo, non sia successo praticamente null’altro oltre alla registrazione di questo brevetto, cosa di per sé abbastanza insignificante, considerando che la prima paternità ufficiale del cuscinetto a sfera sembra risalire addirittura al 1794, ad opera di un gallese di nome Philip Vaughan di Carmarthen. Senza contare l’immancabile Leonardo, che ci aveva già pensato, grossomodo, tre secoli prima.

Per quanto riguarda l’anno nel suo insieme, la notizia che maggiormente salta all’occhio, almeno in ambito culturale, è la nascita del balletto “L’uccello di fuoco” da parte di Igor’ Fëdorovič Stravinskij.

In Europa si era in piena Belle Époque, quella che nella patria della Kodak era stata definita Gilded Age e che aveva lasciato (e continuava a lasciare) una lunga scia di invenzioni e progressi della tecnica e della scienza che non avevano paragoni con le epoche passate. Lo standard generale di vita andava migliorando e lo sviluppo sociale acquistava nuova linfa dalle applicazioni e dai perfezionamenti dell’illuminazione elettrica, della radio, dell’automobile e del cinema. Le comodità contribuiscono al diffondersi di un senso di ottimismo che solo con difficoltà può far presagire il dramma incombente.

Nel 1911, come sempre, le guerre tengono banco, prima fra tutte – per quanto ci riguarda – la guerra italo-turca, nota anche come guerra di Libia, combattuta contro l’Impero ottomano tra il 29 settembre 1911 e il 18 ottobre 1912 da un Regno d’Italia in preda ad ambizioni coloniali per conquistare le regioni nordafricane della Tripolitania e della Cirenaica.

Più edificanti furono certamente altri avvenimenti, come la prima edizione in Europa, il 19 marzo, della Giornata Internazionale della Donna (l’ufficializzazione dell’8 marzo avrebbe richiesto ancora del tempo), l’ultima gara internazionale (vinta) da Dorando Pietri il 15 ottobre a Göteborg , in Svezia e il saluto via telegrafo di Guglielmo Marconi al New York Times tra due stazioni di radio senza fili situate a 6.400 km di distanza (19 novembre).

Manifesto tedesco per la Giornata della donna (1914), Dorando Pietri e Guglielmo Marconi

Tra il 1911 e il 1912 salta all’occhio il vigoroso proliferare di squadre di calcio, ma certamente una nota importante è la conquista del suffragio universale, in Italia, per tutti i cittadini maschi di età superiore ai trent’anni.

Mentre in Sudafrica nasce l’African National Congress che in futuro segnerà la storia di Nelson Mandela e di tutta la lotta di liberazione sudafricana, in Russia si cominciano a cogliere i primi fermenti che porteranno alla Rivoluzione, mentre in Italia il nome di Benito Mussolini (ancora in ambito socialista) si fa sempre più presente.

Annaspando tra tutte le guerre e le tensioni politiche e sociali del 1913, mi piace sottolineare come l’obiettivo Bausch & Lomb venga progettato e costruito mentre Rabindranath Tagore vince il premio Nobel per la letteratura “per la profonda sensibilità, per la freschezza e bellezza dei versi che, con consumata capacità, riesce a rendere nella sua poeticità, espressa attraverso il suo linguaggio inglese, parte della letteratura dell’ovest”. In fondo, Bausch & Lomb sono specializzati in prodotti per la vista, ancor prima che per la fotografia, quindi il richiamo alla “luce” non è poi così tirato per i capelli. Anche perché di luce comincia a vedersene poca.

Mentre Rochester (sede di Kodak e anche di Bausch & Lomb), lo stato di New York e gli interi Stati Uniti vivono la relativa tranquillità dei tempi, in Italia viene fondato il CONI – l’organo che si occupa delle Olimpiadi, simbolo principe della convivenza pacifica tra i popoli – appena due settimane prima dell’attentato, a Sarajevo, ai danni dell’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando e di sua moglie, fatto che scatenerà la Prima Guerra Mondiale. Siamo nel 1914 e gli USA rimarranno fuori dal conflitto fino al 1917.

Nel frattempo, la Autographic n°3 era nata e rimase in produzione fino al 1926 mostrando tutto il suo potenziale di modernità: dall’otturatore a cinque tempi (compresi B e T) al mirino regolabile per scatti in orizzontale e verticale, dalla bolla di livella per riprese di precisione fino alla sua caratteristica principale: la possibilità di “firmare” materialmente ogni immagine grazie ad uno speciale sportello sul retro, all’uso di uno stilo dedicato ed alle pellicole Autographic.

La pellicola Autographic con le istruzioni per la “firma” – Volantino pubblicitario per la pellicola

Purtroppo, come già ventilato nel post dedicato alla Billy-Clack, l’unico vero “difetto tecnico” di questo apparecchio – come degli altri – è… l’assenza di parola: non sapremo mai se attraverso il suo obiettivo siano passati raggi di luce fosca o riflessi di terribili frammenti di guerra…

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